La crisi della lira turca e le sue ripercussioni limitate sugli attivi dei fragili mercati emergenti non hanno compromesso un quadro economico nel compresso positivo. Ciò vale in particolare per i mercati sviluppati e per l’economia statunitense, dove crescita, inflazione e dinamiche monetarie non sono cambiate e rimarranno invariate sino a che la crisi dei mercati emergenti resterà circoscritta ad alcune economie affette da problemi endogeni, come postula il nostro scenario di base. Per questo, malgrado la battuta d’arresto segnata da vari attivi dei mercati emergenti, le perduranti tensioni commerciali e le preoccupazioni per la legge di Bilancio italiana, manteniamo la propensione al rischio e continuiamo a favorire le azioni statunitensi, ben protette dalle turbolenze globali, sulle quali si orientano le nostre preferenze sin dall’aumento dell’esposizione al rischio a giugno.
Anche se in questo momento gli investitori potrebbero essere tentati di allungare la duration per coprire, o almeno attenuare in parte, il rischio di portafoglio, i vantaggi della decorrelazione al momento sono piuttosto modesti. Sino a che il quadro globale resterà nelle condizioni attuali, nel senso che non si prevede un crollo di crescita e inflazione, è preferibile ridurre direttamente il livello rischio nei portafogli. In base alle valutazioni correnti e alle nostre analisi economiche, è molto probabile che i tassi continuino a salire. Per tale motivo manteniamo un posizionamento di segno leggermente negativo in termini di duration.
Quest’anno i mercati non hanno avuto vita facile: i titoli del NASDAQ hanno evidenziato performance altamente contrastanti poiché la crescita si è concentrata esclusivamente su una manciata di aziende di alto profilo, mentre le altre piazze sviluppate hanno rallentato il passo e molti mercati emergenti sono addirittura scivolati in territorio negativo. La situazione richiama alla mente la Legge di Stein, secondo la quale “se una cosa non può durare all’infinito, finirà”. Per questo motivo dobbiamo cercare di prevedere se e quando gli altri mercati azionari globali riusciranno a colmare il divario con quello statunitense, o gli altri titoli del NASDAQ colmeranno il divario con le azioni più brillanti. Le nostre analisi del ciclo economico, le valutazioni degli attivi e i giudizi dei nostri comitati di bilanciamento del rischio propendono per la seconda ipotesi, cioè un ribilanciamento a favore dei titoli value a scapito di quelli growth entro la fine dell'anno.
Per quanto riguarda il catalizzatore di questo cambiamento, al fine di prevederne le tempistiche, sarà necessario aspettare sino a che le divergenze tra le dinamiche di crescita, inflazione e politica monetaria delle principali economie non si saranno attenuate. Quando gli investitori si saranno convinti che la crescita sta per riprendere vigore in Europa e in Cina, mentre quella statunitense ha raggiunto il picco, oppure una volta che le strette della Fed avranno portato i tassi su livelli neutrali e la politica della BCE e della BoJ si sarà fatta meno espansiva, ci aspettiamo che i mercati meno brillanti superino quelli attualmente in vantaggio. Se questa teoria dovesse dimostrarsi corretta, la fase di apprezzamento del dollaro dovrebbe concludersi, facendo salire prezzi e propensione al rischio in tutti i mercati, a svantaggio del settore tecnologico statunitense, che oggi è il favorito.
_Fabrizio Quirighetti