Dando uno sguardo al passato, la principale riflessione dei critici sarebbe che gli investitori sono stati leggermente troppo cauti, e troppo presto, sugli attivi a rischio. Mentre le nostre analisi sullo scenario economico erano e rimangono complessivamente ottimistiche, i livelli elevati delle valutazioni azionarie, soprattutto negli Stati Uniti e nell'universo del credito (più precisamente nel segmento High Yield), ci hanno per il momento impedito di essere più coraggiosi. Sembra così legittimo chiedersi se non stiamo per caso aspettando Godot... Noi pensiamo di no. Prima di tutto non siamo stati del tutto pessimisti, piuttosto esposti in modo cauto, dal momento che da gennaio la nostra posizione è rimasta di "leggera" avversione al rischio. A dire il vero non abbiamo previsto un'importante correzione del mercato, ma abbiamo tenuto a disposizione delle munizioni da utilizzare quando le valutazioni saranno diventate più interessanti e/o quando alcuni dubbi si saranno dissipati. Nel frattempo continuiamo a essere fermamente convinti che esiste un'asimmetria tra il potenziale guadagno derivante dagli attivi a rischio e il loro potenziale calo; dato il costo elevato delle valutazioni, il rischio è stato distribuito in modo più selettivo su ogni classe di attivi. La reazione dei mercati in seguito all'ultimo aumento della Fed e il primo insuccesso della politica di Trump (immigrazione, ObamaCare) hanno confermato le nostre opinioni e la nostra posizione. Senza un significativo cambiamento delle prospettive economiche e delle valutazioni degli attivi, non abbiamo ancora trovato una ragione valida per modificare la nostra posizione in termini di rischio e di duration. Guardando al futuro, restiamo costruttivi sulle azioni, soprattutto quelle non statunitensi ed europee, in quanto potrebbero decisamente sovraperformare nella seconda parte dell'anno, quando il premio di rischio politico europeo si ridurrà. Per il momento, gli investitori sono ancora distratti dalle elezioni francesi e dall'attività di Trump su Twitter, ma a un certo punto si renderanno sicuramente conto che la crescita economica dell'eurozona è forte tanto quanto quella degli USA e con un grande potenziale di recupero. Prima o poi la BCE metterà in atto il tapering e l'euro non è (ancora) morto. In parallelo, il reale impatto della politica reflazionistica di Trump ha poche chance di essere all'altezza delle elevate aspettative già integrate nei prezzi. In questo contesto, la nostra posizione favorevole sul debito in valuta forte e locale dovrebbe offrire un migliore rendimento corretto per il rischio rispetto, ad esempio, al credito USA. I Treasury USA corrono meno il rischio di un importante rialzo dei tassi rispetto ai Bund tedeschi o ai titoli di Stato giapponesi. In questo contesto di tassi elevati dei Fed fund, che non rima né con un rafforzamento del dollaro né con un'impennata dei tassi USA a lungo termine, le maggiori sorprese e i cambiamenti più significativi sui mercati potrebbero giungere da altre aree economiche maggiori o dalle banche centrali. Se osserviamo un aumento diffuso e sincronizzato del PIL nominale, rispetto ai livelli estremamente bassi degli ultimi anni, le migliori opportunità non risiedono sicuramente nelle azioni USA e nei mercati del credito. Godot sta davvero arrivando.
_Fabrizio Quirighetti