Asset Allocation Insights

La nostra opinione mensile sull’asset allocation (luglio 2018)

Venerdì, 07/13/2018

La crescita economica in generale, così come quella degli utili per azione, è abbastanza solida e si prevede rimarrà tale. È molto probabile che non sarà così solida come previsto all’inizio dell’anno, ma sarà comunque sufficiente da sostenere i mercati azionari.

Venerdì 13/07/2018 - 09:00
Luc Filip Head of Discretionary Portfolio Management
Fabrizio Quirighetti Macroeconomic Strategist
Hartwig Kos
Adrien Pichoud Chief Economist & Senior Portfolio Manager
  • I bassi tassi di interesse nelle economie sviluppate stanno mantenendo i tassi a lungo termine statunitensi a livelli insolitamente bassi date le previsioni economiche per gli Stati Uniti in termini di crescita, inflazione e deficit di bilancio.
  • Le dinamiche di crescita più deboli in Europa e in Giappone potrebbero essere un male solo apparente.
  • La dinamica di crescita sta rallentando in tutti i paesi emergenti.

Per qualche dollaro in più

La tensione è ora palpabile con il crescere delle incertezze che circondano le previsioni economiche sui mercati emergenti e, in misura minore, in Europa e in Giappone. Essere nella linea di mira dello sceriffo Trump agita gli investitori ed è difficile valutare la resilienza di queste economie di fronte al potenziale impatto commerciale. Queste preoccupazioni hanno dunque continuato a danneggiare il sentiment.

Nel frattempo, la crescita economica in generale, così come quella degli utili per azione, è abbastanza solida e si prevede rimarrà tale. È molto probabile che non sarà così solida come previsto all’inizio dell’anno, ma sarà comunque sufficiente da sostenere i mercati azionari. Tuttavia gli investitori dovrebbero ora anche ammettere che lo spettro dell’inflazione, che avrebbe spinto i tassi molto più in alto e potenzialmente portato a un crollo dei prezzi obbligazionari e, tramite un effetto domino, di alcune valutazioni esagerate in attivi rischiosi, non si è manifestato. L'inflazione non sta tornando in modo dirompente, gli aumenti dei tassi da parte della Fed sono stati chiaramente rivelati per i prossimi sei mesi e la BCE e la BoJ hanno infranto le aspettative di una stretta della politica monetaria nel prossimo futuro.

La strada quindi non è ancora stata completamente tracciata: i bassi tassi di interesse nel resto delle economie sviluppate stanno mantenendo i tassi a lungo termine statunitensi a livelli insolitamente bassi date le previsioni economiche per gli Stati Uniti in termini di crescita, inflazione e deficit di bilancio. E, come sempre, gli Stati Uniti sono il principale beneficiario di questo scenario di una solida, e in qualche misura isolata, crescita economica interna e di tassi globalmente bassi nelle economie avanzate.

A questo punto, come cacciatori di taglie, riteniamo che il coraggio di andare alla ricerca di premi per il rischio azionario più alti aumentando leggermente la nostra esposizione al rischio verrà ricompensato in futuro. Il coraggio non deve far rima con genio o audacia: quindi non ci lanceremo in imprese impossibili ma aumenteremo semplicemente, in generale e senza preferenze settoriali, l’esposizione alle azioni USA. Che lo si consideri o meno un lieto fine, il mercato statunitense vince sempre.

_Fabrizio Quirighetti

Sintesi del panorama economico ed esame dell’economia globale

Nel contesto di una dinamica di crescita globale più debole manifestatosi verso la metà del 2018, gli Stati Uniti continuano a mettere in mostra con insolenza una solida dinamica economica. Tuttavia, anche se è sempre una notizia positiva per il resto del mondo sapere che il più grande sistema economico vada a gonfie vele, questa volta la forza degli Stati Uniti potrebbe essere un boccone avvelenato per l’economia mondiale. La combinazione endogena e autosoddisfacente di un mercato del lavoro e della spesa in conto capitale in miglioramento, di tagli fiscali e di rialzo dei tassi a breve termine è in netta contraddizione con le dinamiche economiche che interessano il resto del globo, e questa divergenza ha già causato alcuni danni, in particolare nei paesi emergenti. Il protezionismo e le prospettive di un possibile ritiro su larga scala degli Stati Uniti dall’arena del commercio mondiale rischiano di amplificare questo trend e potrebbero eventualmente “Make America Great Again”... a spese del resto del mondo. In realtà gli Stati Uniti possono attualmente essere, allo stesso tempo, il Buono, il Brutto e il Cattivo dell’economia globale, a seconda che si prenda in considerazione la loro dinamica di crescita positiva, le politiche commerciali non cooperative o gli effetti nefasti della loro politica monetaria sul resto del mondo.

Tuttavia, le dinamiche di crescita più deboli in Europa e in Giappone potrebbero essere un male solo apparente. In un momento in cui la Fed è fermamente orientata verso la normalizzazione della politica monetaria, un ciclo economico e dinamiche di inflazione più deboli in Europa hanno portato la BCE a sottovalutare le preoccupazioni provocate da una rapida stretta della politica monetaria nell’Eurozona, mentre la Banca del Giappone non sembra voler modificare l’approccio accomodante. Tale mancato sincronismo dal ciclo dei tassi della Fed e la visibilità fornita almeno fino alla fine di quest’anno, anche se frutto di dati economici deludenti, potrebbero paradossalmente agire nei prossimi mesi come fattore di sostegno apprezzato per le previsioni di crescita globale.

 

Crescita

“Ecco, in questo mondo, ci sono attualmente tre tipi di economie: quella efficiente (gli Stati Uniti), quelle che cercano di cavarsela alla meno peggio (Europa, Giappone, Sud-Est asiatico) e quelle che arrancano. Le economie emergenti con deficit estero arrancano.”

 

Inflazione

“Ci sono due tipi di economie al mondo: quelle senza inflazione (economie sviluppate) e quelle che devono lottare contro l'inflazione (economie emergenti).”

 

Orientamento della politica monetaria

“Al mondo ci sono tre tipi di banche centrali: quelle che devono restare accomodanti (BCE, BoJ, BNS…), quelle che possono alzare i tassi (Fed, BoC…) e quelle che devono alzare i tassi. Diverse banche centrali dei ME devono operare rialzi.”

Trend e livello del PMI manifatturiero
PMI
Fonte
Factset, SYZ Asset Management. Dati al: 14 giugno 2018
“Gli Stati Uniti possono attualmente essere, allo stesso tempo il Buono, il Brutto e il Cattivo dell’economia mondiale.”
Adrien Pichoud Chief Economist & Senior Portfolio Manager
Trend inflazionistico e deviazione dall’obiettivo della Banca centrale
Inflazione
Fonte
Factset, Markit, SYZ Asset Management. Dati al: 14 giugno 2018

Economie sviluppate

L’economia statunitense non si ferma: continua a crescere a un ritmo abbastanza sostenuto e a rinvigorirsi ed espandersi in termini di consumi delle famiglie, investimenti produttivi e spesa pubblica. Inoltre la possibilità di nuovi tagli fiscali prima delle elezioni di metà mandato, previste per novembre, controbilancia eventuali perdite potenziali di slancio nel secondo semestre dopo l’impennata del primo semestre. In un tale contesto il messaggio veicolato dalla Fed a giugno era inequivocabilmente positivo e chiaro: tranne nel caso in cui si verifichi un importante rallentamento, la Fed seguirà il percorso di normalizzazione della sua politica monetaria, aumentando i tassi a breve termine di 25 pb per trimestre e continuando a lasciare che il bilancio diminuisca man mano che giungono in scadenza le obbligazioni acquistate tramite il QE. Non potrebbe infatti fare diversamente dato che ha appena rivisto al rialzo le stime di crescita del PIL, prevede che il tasso di disoccupazione raggiunga il minimo pluridecennale e assiste finalmente all’attestarsi dell'inflazione al di sopra dell’obiettivo del 2%.

Sull’altra sponda dell’Atlantico il grado di visibilità sulle previsioni di politica monetaria è ora simile, ma si tratta dell’unica caratteristica in comune con gli Stati Uniti. In realtà la dinamica di crescita nell’Eurozona ha registrato un costante rallentamento nel primo semestre dell’anno e le pressioni relative all’inflazione core restano abbastanza contenute. Se nei prossimi mesi si prevede una stabilizzazione della crescita sulla base di una domanda interna sostenuta, le tensioni riguardanti il commercio mondiale e la minaccia rappresentata dall’applicazione dei dazi continueranno a penalizzare i settori industriali legati alle esportazioni. In questo contesto di una dinamica di crescita positiva anche se più debole del previsto e di un aumento di rischi di ribasso (per non parlare dei rischi politici in Italia), Mario Draghi ha dovuto dimostrare nuovamente doti di “equilibrista”. La BCE si mantiene formalmente sulla strada della normalizzazione della politica monetaria, data la riconferma di previsioni economiche costruttive, ma i rischi di ribasso e le incertezze la portano a definire con estrema cautela le scadenze di questo percorso: una conclusione probabile, ma non certa, del QE a fine anno, e un primo rialzo dei tassi di interesse rimandato a oltre la metà del 2019. L'idea sottostante è chiara: la BCE fa consapevolmente affidamento sulla cautela e intende mantenere condizioni finanziarie molto accomodanti fino a quando sarà maggiormente convinta che nulla intralcerà l’espansione in corso nell’Eurozona.

Questo scenario di inflazione in debole crescita o bassa, che implica politiche monetarie accomodanti per un periodo più lungo, caratterizza non solo l’Eurozona, ma più o meno, Stati Uniti a parte, tutto il mondo sviluppato, Giappone e Australia inclusi.

 

Economie emergenti

La dinamica di crescita sta rallentando in tutti i paesi emergenti. In Cina le preoccupazioni riguardanti l’impatto dei dazi statunitensi sui settori legati alle esportazioni si sommano a uno scenario di crescita più debole. Le autorità cinesi possiedono comunque gli strumenti per gestire fino a un certo punto tali ostacoli, facendo leva sulla politica monetaria (che di recente è diventata decisamente accomodante) e sulla politica dei cambi (con un deprezzamento del 5% dello yuan nei confronti del dollaro USA in due mesi).

L’andamento della politica monetaria in generale nei ME è invece orientato verso un inasprimento delle condizioni di credito per contenere il deprezzamento delle valute e risulta in pressioni inflazionistiche provenienti dall’esterno. L’aumento dei tassi in Turchia, Indonesia, Messico, India o la fine del ciclo di allentamento monetario in Sudafrica, Brasile o Russia sono tutti elementi che testimoniano il cambiamento dello scenario macroeconomico sui mercati emergenti provocato dalla stretta della politica monetaria della Federal Reserve e dal suo impatto sulle economie basate sul finanziamento in USD.

_Adrien Pichoud

La divergenza tra la politica monetaria USA e il resto del mondo continua ad aumentare
La divergenza tra la politica monetaria USA e il resto del mondo continua ad aumentare
Fonte
Bloomberg, SYZ Asset Management. Dati al: 28 giugno 2018

Gruppo di strategie d’investimento Conclusioni e valutazione degli attivi

Rischio e duration

L'incertezza causata dalle guerre commerciali e dalle politiche europee ha chiaramente innervosito i mercati nelle ultime settimane, provocando una lieve correzione delle azioni statunitensi e, in una certa misura, un movimento di vendita più pronunciato su altri mercati, in particolare quelli emergenti. Eppure il quadro complessivo si mantiene invariato, dato che situazione mondiale resta nelle fasi finali della cosiddetta “Goldilocks economy”, dove i rischi per la crescita economica e l’inflazione restano limitati. Tuttavia le banche centrali hanno affermato ancora una volta il loro orientamento monetario, con la Federal Reserve che continua la sua linea aggressiva, ampiamente riflessa nelle aspettative del mercato, mentre la BCE resta ultra accomodante. Tenendo presente questo aspetto, la recente debolezza sembra rappresentare più un’opportunità di acquisto che altro. Abbiamo quindi aumentato la posizione sul rischio passando da lieve preferenza a preferenza, lasciando invariata la duration del portafoglio.

Se le azioni mondiali, ad eccezione degli Stati Uniti, hanno avuto in generale un andamento laterale in termini di revisioni degli utili, le azioni statunitensi hanno registrato una netta revisione al rialzo, fatta segnare l’ultima volta nel 2009-2010 dopo la crisi finanziaria mondiale.
Hartwig Kos

Mercati azionari

Se la logica alla base dell’incremento dell’esposizione al rischio aveva lo scopo di catturare il premio per il rischio azionario, tal aumento non si ottiene tramite un elevato numero di scommesse direzionali. La nostra attenzione si focalizza maggiormente sulle linee di creazione di un’asset allocation più equilibrata, anche se più “noiosa”. Questo approccio è stato già applicato negli ultimi mesi con, ad esempio, l'inclusione in portafoglio di titoli farmaceutici, un settore difensivo ad alta qualità all’interno di un mix settoriale più ciclico.

Anche l’aumento dell’esposizione azionaria dello scorso mese rientra in questo orientamento. L'incremento è stato inoltre deciso sulla base della relativa resilienza dell’economia statunitense rispetto ad altre parti del mondo, del potenziale sostegno fornito dal deprezzamento del dollaro e da alcuni miglioramenti nelle valutazioni. In questo mese abbiamo incrementato ulteriormente l’esposizione alle azioni statunitensi, sempre dettata dagli elementi sopraccitati. È però utile spiegare in modo più approfondito le ragioni che ci portano a preferire, tra tutti, solo il mercato azionario statunitense. Dopo tutto le azioni degli Stati Uniti sono più care rispetto a quelle del resto del mondo.

Se si analizzano i dati di Factset, i titoli statunitensi sono scambiati a un premio superiore di oltre tre punti rispetto al resto del mondo in termini di differenziale del principale P/E su 12 mesi. Eppure osservando il P/E rispetto alla crescita, la differenza tra le valutazioni degli Stati Uniti e quelle del resto del mondo è diminuita sostanzialmente nell’ultimo mese e attualmente è quasi allo stesso livello. Le differenze risiedono nelle stime di crescita degli utili. E in realtà, analizzando l’evoluzione delle revisioni degli utili fatte dagli analisti, le divergenze sono chiare. Se le azioni mondiali, ad eccezione degli Stati Uniti, hanno avuto in generale un andamento laterale in termini di revisioni degli utili, le azioni statunitensi hanno registrato una netta revisione al rialzo, fatta segnare l’ultima volta nel 2009-2010 dopo la crisi finanziaria mondiale. Buona parte di questa situazione è dovuta alla riforma statunitense sulla fiscalità delle società, che continuerà a nostro avviso a costituire in futuro uno scenario favorevole per gli utili societari. Per questo motivo gli USA hanno ancora una volta assunto il ruolo di mercato difensivo in un contesto di portafoglio. Accanto ad Australia, Canada e Giappone, gli Stati Uniti offrono un contributo al rischio più basso nel contesto dei mercati azionari globali.

“Per un investitore in EUR, un’obbligazione brasiliana quinquennale con copertura valutaria totale ha un rendimento del 5,2% circa: si tratta di un livello molto buono dato che la duration complessiva di tale posizione è 3,5 anni.”
Hartwig Kos

Mercati obbligazionari

Se il quadro complessivo è rimasto invariato, il nostro giudizio sui titoli di Stato nominali italiani è stato rivisto leggermente al rialzo, a lieve avversione, sulla base delle valutazioni. Lo stesso vale per le obbligazioni high yield europee, dove in particolare il debito subordinato delle banche ha registrato un sostanziale miglioramento delle valutazioni. Nonostante il netto miglioramento delle valutazioni, il nostro giudizio nei confronti dei mercati emergenti non è cambiato.

Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati da un mix tossico di apprezzamento dell’USD e rendimenti obbligazionari in rialzo, che ha spinto nettamente al rialzo i rendimenti del debito dei mercati emergenti. Sebbene non prevediamo il ripetersi della stessa situazione del 2013 che ha riguardato le cinque economie emergenti più fragili, le cosiddette “Fragile five”, riteniamo che sia troppo presto per cambiare la nostra valutazione. Ciò detto, sui ME si stanno creando opportunità a basso rischio interessanti. Il Brasile rappresenta un buon esempio in questo senso. Le obbligazioni brasiliane sono state un tema di investimento ben orchestrato e ampiamente detenuto dagli investitori negli ultimi anni ma gli investimenti comportano in generale un’alta esposizione al rischio di cambio. Fino a sei mesi fa, questo tipo di esposizione era l’unico modo per accedere agli elevati livelli di rendimento che il Brasile poteva offrire. Tuttavia i tagli costanti dei tassi d’interesse da parte della banca centrale hanno fatto scendere significativamente il costo della copertura valutaria. Nel contempo, la curva dei rendimenti brasiliana è aumentata in termini assoluti pur restando sostanzialmente piatta, consentendo agli investitori di accedere a livelli comparativamente alti di carry senza esporsi troppo al rischio di duration. Per un investitore in EUR, un’obbligazione brasiliana quinquennale con copertura valutaria totale ha un rendimento del 5,2% circa: si tratta di un livello molto buono dato che la duration complessiva di tale posizione è 3,5 anni.

 

Forex e Liquidità

L’incremento dell’esposizione al rischio implica una diminuzione dell’esposizione alla liquidità, ossia nessuna modifica della nostra valutazione.

_Hartwig Kos