Asset Allocation Insights

La nostra opinione mensile sull’asset allocation (agosto 2018)

Venerdì, 08/10/2018

Attualmente adottiamo una posizione di “avversione al rischio”. Detto ciò, non siamo nel 2017 e l’asset allocation è cruciale considerati i principali rischi a cui sono confrontati attualmente gli investitori, sia per quanto riguarda la valutazione degli attivi che il geopolitico.

Venerdì 10/08/2018 - 09:02
Fabrizio Quirighetti Macroeconomic Strategist
Hartwig Kos
Adrien Pichoud Chief Economist & Senior Portfolio Manager
Luc Filip Head of Discretionary Portfolio Management
  • Sebbene la ripresa globale sia per lo più alle nostre spalle, rimpiazzata in primo piano dai fattori geopolitici, manteniamo al momento una certa propensione al rischio, ma con prudenza.
  • Confermato l’ottimismo sull’azionario con una preferenza per gli Stati Uniti. Per quanto riguarda le obbligazioni, malgrado la posizione leggermente negativa in termini di duration, stiamo trovando sacche di valore.
  • L’inflazione si sta muovendo verso l’alto, ma non è ancora una priorità per le banche centrali.

Diamo credito alla crescita

Lo scenario geopolitico non propriamente roseo, dominato dai venti di guerra commerciale, è stato al centro dell’attenzione degli investitori negli ultimi mesi. Nel contempo, gli indicatori di crescita economica in Europa e in Giappone hanno deluso le aspettative, che del resto erano gonfiate dopo un 2017 eccezionalmente positivo. Inoltre, la curva dei rendimenti statunitense ha continuato ad appiattirsi e potrebbe diventare invertita entro i prossimi sei-dodici mesi - uno sviluppo che, in passato, ha segnalato l’arrivo di una recessione nell’arco del semestre o dell’anno successivo. L’espansione negli Stati Uniti ha superato la fase iniziale: la ripresa si è già per gran parte realizzata, pertanto una recessione o, quanto meno, una crescita rallentata o stagnante, è inevitabile in futuro. Tuttavia, per il momento non siamo ancora a questo punto e sarebbe prematuro intervenire sui portafogli, tanto più che nel resto delle economie sviluppate si notano segnali rassicuranti di stabilizzazione della crescita. Il quadro è più disomogeneo nei mercati emergenti, ma secondo le nostre aspettative dovrebbe migliorare di pari passo con l’assestamento del dollaro, mentre il ciclo di inasprimento avviato dalla Fed è già scontato nell’immediato futuro.

Sul fronte positivo, nel complesso la crescita rimane dignitosa, l’inflazione si sta comportando bene e, a parte la Fed, le altre principali banche centrali mantengono politiche monetarie di sostegno all’economia. Il rallentamento della Cina resta sotto controllo: il governo è tornato a una politica espansiva di stimoli monetari e fiscali, accompagnata da uno yuan più debole. La stagione degli utili del secondo trimestre è iniziata su una nota positiva negli Stati Uniti: le banche hanno annunciato vasti programmi di riacquisto di azioni e le quotazioni delle azioni USA, molto elevate all’inizio dell’anno, si sono riavvicinate al valore equo. Negli ultimi mesi è diventato meno costoso anche il credito, in particolare quello europeo sia high yield che investment grade.

In un contesto in cui l’inflazione non è ancora un problema, le condizioni finanziarie restano sostanzialmente accomodanti e la crescita non mostra segni di cedimento, abbiamo mantenuto un posizionamento orientato al rischio e una lieve avversione nei confronti della duration, in quando l’evoluzione più ovvia per i tassi è tuttora al rialzo. In ogni modo, a parziale copertura dell’esposizione al rischio, se mai le tensioni commerciali dovessero inasprirsi - eventualità che resta impossibile da prevedere o quantificare - abbiamo confermato il posizionamento azionario chiaramente sbilanciato a favore degli Stati Uniti in termini geografici, evitando particolari preferenze settoriali a livello mondiale. Per quanto riguarda il reddito fisso, un leggero incremento dell’esposizione al credito europeo - o quanto meno un sovrappeso relativo rispetto a quello USA - sembra un modo efficace di riconoscere la crescita in atto in Europa.

_Fabrizio Quirighetti

Sintesi del panorama economico ed esame dell’economia globale

L’economia mondiale al momento è come un grande tavolo di poker con diverse partite in corso, tutte con un’alta posta in gioco. Quella principale vede contrapposti i governi di Stati Uniti e Cina, entrambi pronti a chiamare il bluff dell’altro e far crescere il piatto. Donald Trump vede questa partita come l’occasione per fare mostra di forza e determinazione in vista delle elezioni di metà mandato, e ha proposto un’altra ondata di dazi su beni cinesi per 200 miliardi di dollari, sostenendo a gran voce di agire a difesa del libero commercio. La Cina, invece, sembra aver adottato un approccio morbido per difendere la propria posizione senza mostrarsi aggressiva, alzando i dazi solo in risposta a una misura simile degli Stati Uniti, puramente per reciprocità, privilegiando alternative alle importazioni USA e limitandosi a osservare innocentemente il deprezzamento dello yuan contro il dollaro.

Ma non è la sola partita a colpi di bluff in corso al momento. In Europa, anche la (non) trattativa fra il Regno Unito e l’UE ricorda una partita a poker in cui l’UE fa la massima pressione possibile, mentre Theresa May cerca di barcamenarsi puntando su un "accordo di Brexit dura ma anche morbida" che non accontenta né i brexiteer britannici né l’UE. Ci sono poi altre partite minori: in Turchia, fra Erdogan e il mercato dei cambi, sull’opportunità che la banca centrale aumenti i tassi d’interesse; e in Messico, dove il presidente eletto AMLO sembra aver convinto gli investitori che non sarà il leader sinistrorso anti-mercato che molti temono. Sarà un bluff oppure no?

 

Crescita

Al di là del rumore di superficie, l’economia mondiale mostra per lo più un andamento ancora positivo, in termini di crescita, con la domanda interna che sostiene l’attività nei mercati sviluppati. Tuttavia, le incertezze legate a quelle partite di poker in corso sono un rischio per le prospettive globali, dato che il sentiment negativo potrebbe pesare sulla crescita.

 

Inflazione

Con la graduale contrazione del divario tra produzione e occupazione effettive e potenziali in tutto il mondo l’inflazione comincia lentamente a risalire, spinta dai prezzi del petrolio e delle materie prime. Ma a parte qualche caso molto specifico, le pressioni inflazionistiche restano decisamente modeste e non giustificano un intervento delle banche centrali.

 

Orientamento di politica monetaria

In assenza di un’inflazione particolarmente rilevante, le banche centrali agiscono in base alle rispettive previsioni di crescita. Se la Fed è abbastanza fiduciosa da proseguire verso la normalizzazione dei tassi a breve termine, la BCE resta cauta e conferma l’impegno a non effettuare rialzi in tempi brevi.

“Al di là del rumore di superficie, l’economia mondiale mostra per lo più un andamento ancora positivo, in termini di crescita.”
Adrien Pichoud Chief Economist & Senior Portfolio Manager
Trend e livello del PMI manifatturiero
PMI
Fonte
Fonti: Factset, SYZ Asset Management. Dati al: 17 luglio 2018
Trend inflazionistico e deviazione dall’obiettivo della Banca centrale
Inflazione
Fonte
Fonti: Factset, Markit, SYZ Asset Management. Dati al: 17 luglio 2018

Economie sviluppate

Secondo le stime di crescita del PIL USA in tempo reale, questa primavera l’economia statunitense ha registrato un’espansione pari se non superiore al 3% su base annualizzata. Questo vigore è di origine prettamente interna, con i consumi delle famiglie alimentati dalla bassa disoccupazione e la spesa delle aziende sostenuta dagli sgravi fiscali e dall’atteso proseguimento del ciclo in corso. A ciò si aggiungono le aspettative di un’inflazione a lungo termine saldamente ancorata, nonostante l’accelerazione recente dei tassi annui. In questo contesto, il compito della Fed diventa quasi facile: per il momento non c’è motivo per non continuare con i rialzi, fintanto che la dinamica di crescita rimane robusta, né c’è bisogno di irrigidire la politica monetaria in modo aggressivo e più rapido, vista l’assenza di inflazione core. La Fed non è più dietro la curva e il ritocco effettuato, insieme alla revisione in positivo delle previsioni di crescita e tassi d’interesse, è stato percepito come totalmente giustificato, tanto che i mercati finanziari si sono mossi appena.

Nell’Eurozona la situazione è meno netta: nel primo semestre dell’anno, gli investimenti delle imprese hanno visto un rallentamento dovuto a fattori avversi come l’euro più forte e le minacce di dazi da parte degli Stati Uniti, mentre sulla fiducia continuano a pesare le sorti incerte del commercio globale. D’altro canto, i tassi di disoccupazione in calo e l’accesso al credito a basso costo offrono sostegno ai consumi, come testimonia il rimbalzo del settore dei servizi a giugno. In un contesto in cui anche l’inflazione sta perdendo tono, questa situazione incerta è alla base del segnale di prudenza lanciato dalla BCE in giugno. È interessante notare che per i paesi europei esterni all’Eurozona, come la Svizzera e la Svezia, il ciclo economico è tuttora vigoroso, grazie all’indebolimento delle rispettive valute.

 

Economie emergenti

Il Messico e la Turchia hanno eletto i nuovi presidenti che guideranno i due paesi nei prossimi anni, ma i risultati del voto hanno provocato reazioni inattese sui mercati. La scelta di continuità della Turchia con Erdogan - e la sua visione di una banca centrale subordinata che mantiene i tassi bassi - ha fatto schizzare la lira a nuovi livelli record, spingendo verso l’alto l’inflazione. In Messico, l’attesa vittoria del candidato di sinistra AMLO è stata accolta con favore dai mercati, dopo che il presidente eletto ha lanciato segnali incoraggianti alla comunità imprenditoriale. Le elezioni in Brasile, in programma per ottobre, sono il prossimo evento politico di rilievo nelle economie emergenti.

In Cina la crescita procede a ritmo rallentato. Finora, questo fenomeno sembra collegato più all’irrigidimento delle condizioni di credito a partire dalla fine del 2017, che non alle restrizioni sugli scambi commerciali. Tuttavia, anche queste potrebbero cominciare a incidere sul sentiment nel resto dell’Asia, che è fortemente sensibile all’andamento del commercio globale e dell’economia cinese.

_Adrien Pichoud

La crescita mondiale si conferma positiva, ma le incertezze sui dazi minacciano gli scambi globali già rallentati.
La crescita mondiale si conferma positiva
Fonte
Fonti: Factset, SYZ Asset Management. Dati al: 17 luglio 2018

Gruppo di strategie d’investimento Conclusioni e valutazione degli attivi

Rischio e duration

All’ingresso nella fase di quiete estiva non ci sono state modifiche di valutazione: confermata la lieve preferenza per il rischio, come pure la lieve avversione nei confronti della duration.

 

Mercati azionari

Il nostro processo decisionale continua a basarsi sull’idea di gestire un rischio azionario consistente, ma con un’asset allocation prudente e bilanciata. Di conseguenza, abbiamo deciso di lasciare intatta la nostra preferenza relativa per l’azionario statunitense. L’esposizione azionaria non ha subito altri cambiamenti.

“Il nostro processo decisionale continua a basarsi sull’idea di gestire un rischio azionario consistente, ma con un’asset allocation prudente e bilanciata. Di conseguenza, abbiamo deciso di lasciare intatta la nostra preferenza relativa per l’azionario statunitense.”
Hartwig Kos

Mercati obbligazionari

Negli ultimi mesi i mercati obbligazionari hanno visto variazioni notevoli nella dinamica dei prezzi e delle valutazioni. I Treasury USA ora offrono un buon valore, mentre la tripletta di rendimenti obbligazionari in rialzo, dollaro in ascesa e tensioni commerciali fra Stati Uniti e resto del mondo ha spinto le obbligazioni dei mercati emergenti in una sorta di limbo. Il debito della regione emergente presenta senz’altro opportunità di valore, ma a nostro avviso è ancora presto per buttarsi a capofitto sulla classe di attivi. Guardando oltre questi temi, che abbiamo analizzato a fondo in passato, si rilevano sottili cambiamenti nell’universo del credito corporate.

Gli spread si sono ampliati soprattutto in Europa. Secondo l’indice ICE BofAML BBB Euro Corporate, dall’inizio di febbraio l’aumento è stato di oltre 60 punti base per l’option-adjusted spread (OAS), passato dallo 0,9% a più dell’1,5%. La differenza fra gli option-adjusted spread dell’indice europeo e quelli dell’indice USA corrispondente si è ridotta a soli 10 punti base, anche se l’indice statunitense ha una duration più lunga di quasi due anni.

Quanto all’high yield europeo, il cui andamento è misurato dall’indice ICE BofAML BBB Euro High Yield, gli spread si sono ampliati in misura ancora più evidente: a febbraio, l’OAS era attestato al 2,57%, un livello inferiore a quello dell’high yield statunitense di oltre 70 punti base. Ora entrambi i segmenti di mercato negli Stati Uniti e in Europa sono al 3,55%, sebbene il Vecchio Continente mostri un profilo di duration leggermente migliore e una qualità nettamente superiore in termini di costruzione. Diversamente da quello europeo, l’high yield USA è infatti composto per oltre il 10% da emittenti energetici con merito di credito relativamente basso.

Cosa spiega un adeguamento così massiccio? In gran parte è derivato dai timori per la fine del piano di acquisti di obbligazioni della BCE e il successivo esodo degli investitori retail. I rimborsi sul credito investment grade europeo quest’anno si stanno avvicinando ai livelli visti durante la crisi finanziaria. Dato che lo spettro del ritiro del programma BCE continuerà probabilmente a dominare il flusso di notizie, il sentiment negativo nei confronti di quest’area del mercato sembra destinato a durare. Eppure le valutazioni stanno raggiungendo livelli tali da imporre una revisione del nostro giudizio negativo sulla classe di attivi.

“In gran parte la svendita del credito europeo è derivata dai timori per la fine del piano di acquisti di obbligazioni della BCE e il successivo esodo degli investitori retail. I rimborsi sul credito investment grade europeo quest’anno si stanno avvicinando ai livelli visti durante la crisi finanziaria.”
Hartwig Kos

Quando la BCE, che compra più di chiunque altro, batte in lenta ritirata, chiaramente non è il momento di lanciarsi in massa sul credito europeo, ma non è appropriato neanche un atteggiamento troppo negativo su questo fronte, considerando che le valutazioni sono molto migliorate e le aziende stanno riducendo l’indebitamento in bilancio in vista del cambio di politica della BCE. Di conseguenza, abbiamo innalzato di un livello il giudizio sul credito investment grade, portandolo a lieve avversione. Resta invece invariata ad avversione la nostra posizione sul credito high yield. Per quanto riguarda le preferenze all’interno della classe di attivi, siamo passati da avversione a lieve avversione sull’Europa, sia per l’investment grade che per l’high yield.

Nel contempo, abbiamo abbassato il giudizio sui Bund tedeschi da lieve avversione ad avversione, sulla base di due considerazioni: primo, la BCE ha ancorato i tassi d’interesse fino al 2019 inoltrato; secondo, il rally recente dei Bund ha riportato le scadenze decennali intorno allo 0,35%, che consideriamo piuttosto costoso. Questa situazione rende il mercato dei Bund un ottimo strumento di copertura, ad esempio nei confronti della duration sul credito investment grade europeo, che è appena stato oggetto di una cauta promozione.

 

Forex e liquidità

La nostra valutazione rimane invariata.

_Hartwig Kos