Adrien Pichoud Chief Economist & Senior Portfolio Manager
Fabrizio Quirighetti Macroeconomic Strategist
Maurice Harari Senior Portfolio Manager
Christophe Buttigieg Portfolio Manager
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La Fed apre la porta a tagli dei tassi d'interesse

La spettacolare inversione di tendenza delle previsioni di politica monetaria della Fed è proseguita anche a giugno. Anche se la maggioranza dei membri del FOMC non si attende un cambiamento dei tassi di riferimento a breve termine, continua ad aumentare il numero di membri che ora prevedono tagli per 50 pb nei prossimi 6 mesi. Solo 9 mesi fa, le previsioni del FOMC prevedevano un aumento di 75 pb dei tassi d'interesse entro la fine del 2019.

L'improvviso e inaspettato dietrofront è dovuto a vari fattori, tra cui la debolezza della crescita economica globale, la minaccia rappresentata dalle perduranti tensioni commerciali e la prospettiva di un loro possibile inasprimento, il rallentamento delle dinamiche di crescita negli Stati Uniti da inizio anno e il peggioramento delle aspettative di inflazione a medio termine. L'aumento dei prezzi stimato ora si attesta al livello più basso degli ultimi tre anni: uno sviluppo che preoccupa la Fed, perché in contrasto con quanto postula la teoria economica classica in un contesto di bassa disoccupazione.

Nel comunicato stampa di giugno, la Fed ha quindi aperto la porta alla possibilità di tagli dei tassi nei prossimi mesi, a seconda dell'andamento del mercato del lavoro statunitense, dell'inflazione e degli "sviluppi finanziari e internazionali". Gli investitori già prevedono che questi fattori richiederanno un notevole allentamento della politica monetaria; infatti i mercati dei futures scontano già un taglio di 100 pb del tasso dei Fed Fund nei prossimi dodici mesi.

Da una serie di aumenti a una serie di tagli dei tassi…

Fonti: Fonte: SYZ AM, Bloomberg. Dati al: 8 luglio 2019

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Curve dei rendimenti dei titoli di Stato in EUR in appiattimento dopo le dichiarazioni di Draghi a Sintra

Fonte: SYZ AM, Bloomberg. Dati al: 8 luglio 2019

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Draghi riporta la politica monetaria della BCE in modalità di allentamento

Mario Draghi ci riprova. Sette anni dopo la famosa dichiarazione che la BCE avrebbe fatto "tutto il possibile" per far risalire l'inflazione, e ancora una volta a margine di una riunione ufficiale di politica monetaria della BCE, a giugno il presidente uscente ha rilasciato a Sintra un altro annuncio decisivo, che probabilmente influenzerà la politica monetaria dell'eurozona oltre la fine del suo mandato.
A differenza della Fed, negli ultimi anni la BCE non ha potuto innalzare i tassi a breve termine, e infatti quello di deposito è ancora negativo al -0,4%. Tuttavia, il mese scorso a Sintra Mario Draghi ha dichiarato che, alla luce dei rischi di ribasso che pesano sulle prospettive di crescita e inflazione, nuovi tagli dei tassi e la ripresa degli acquisti di attivi da parte della banca centrale sono alternative attuabili. Questo annuncio a sorpresa, ovviamente condizionato dagli sviluppi economici, trasmette comunque un messaggio molto chiaro: la politica monetaria della BCE non sarà inasprita nel prossimo futuro e potrebbe anche essere ulteriormente allentata.
I mercati dei tassi hanno recepito alla perfezione il messaggio, con due conseguenze principali: i livelli dei tassi d'interesse hanno toccato nuovi minimi storici e le curve dei rendimenti dei titoli di Stato in euro si sono fortemente appiattite. Il movimento più spettacolare è stato probabilmente quello registrato dai tassi spagnoli, con il rendimento del decennale che è calato allo 0,4% e il differenziale di tasso tra il titolo a 10 anni e quello a 2 anni è sceso sotto 100 pb.

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Lo spettacolare crollo dei rendimenti dei titoli di Stato italiani a giugno

Negli ultimi tre mesi le obbligazioni governative italiane hanno fornito uno dei maggiori contributi alla performance. Infatti, hanno beneficiato di una serie di sviluppi positivi dopo la fase di volatilità e di notizie negative dovute alla ribellione della nuova coalizione di governo Lega-Movimento 5 Stelle contro le norme fiscali dell'UE nel 2018. 
Primo fra tutti il cambiamento degli equilibri di potere all'interno del governo, dopo il pesante scivolone dei pentastellati alle elezioni europee malgrado le costose promesse elettorali. In secondo luogo, la marcia indietro del governo italiano sulla ribellione alle norme fiscali europee. Terzo, la prospettiva di nuovi allentamenti monetari da parte della BCE. E, per finire, una dinamica di valore relativo sempre più interessante rispetto ad altri titoli di Stato dell'eurozona.
Di conseguenza, i tassi del decennale italiano sono calati di 57 pb a giugno, scendendo per la prima volta da dodici mesi sotto il 2%. Il ribasso molto più modesto dei tassi a 10 anni tedeschi (-13bp) implica, invece, una notevole contrazione dello spread BTP/Bund. Si noti che questo movimento ha spinto il tasso del decennale italiano chiaramente al di sotto di quello dell'omologo statunitense, come si era verificato prima dell'insediamento del governo di coalizione Lega-M5S a maggio 2018. Nel contesto attuale, il principale fattore per l'evoluzione futura dei tassi italiani sarà probabilmente l'impegno a rispettare le norme fiscali dell'Unione europea. Sino a che dureranno il supporto della politica della BCE e l'attrattiva dei rendimenti positivi, è probabile che la domanda di titoli di Stato italiani si mantenga elevata.

A giugno i tassi dei titoli di Stato italiani a 10 anni sono scesi ai minimi da 1 anno

Fonte: SYZ AM, Bloomberg. Dati al: 8 luglio 2019

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Economia britannica in netto rallentamento

Fonte: SYZ AM, Factset. Dati al: 8 luglio 2019

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La costante incertezza sulla Brexit penalizza l'economia britannica

Theresa May ha finalmente gettato la spugna. Dopo aver passato mesi a cercare di ottenere dal parlamento britannico l'approvazione del suo accordo per la Brexit, ha dovuto riconoscere che non sarebbe mai riuscita a mettere assieme una maggioranza per il suo piano in un parlamento diviso come quello attuale. Le redini del potere sono ora passate nelle mani di Boris Johnson, che ha il compito di concludere un accordo con l'UE prima della scadenza del 31 ottobre.
Il tormentone della Brexit è quindi tutt'altro che concluso e continua a penalizzare in misura crescente l'economia nazionale. Infatti, dopo il risultato sorprendentemente positivo del primo trimestre, nel secondo i dati economici sono peggiorati su tutta la linea.
La produzione industriale ha perso nettamente terreno, il numero di richieste di sussidi di disoccupazione è ulteriormente aumentato, le vendite al dettaglio sono rallentate e a giugno gli indici dei settori manifatturiero ed edilizio hanno evidenziato un marcato peggioramento. Anche nel settore dei servizi l'attività è rallentata, ma per il momento l'andamento si mantiene positivo. Nel complesso, i dati segnano una battuta d'arresto dell'economia prima dell'inizio dell'estate. Il compito del nuovo primo Ministro potrebbe diventare molto più arduo se al pasticcio della Brexit dovesse sommarsi anche una crisi economica.

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Le obbligazioni dei mercati emergenti guadagnano terreno trainate dalla politica monetaria espansiva

L'indice Bloomberg Barclays dei titoli di Stato emergenti in valuta locale ha registrato la miglior performance degli ultimi 3 anni, generando un rendimento del 4,4% nel mese.
L'inversione di tendenza in senso espansivo della Fed – che promette tassi d'interesse bassi negli Stati Uniti e un dollaro debole – ha aperto la porta a nuovi allentamenti dei tassi per le banche centrali dei mercati emergenti, di conseguenza i rendimenti delle obbligazioni sovrane sono scesi.
A fronte del rallentamento della crescita e di un'inflazione persistentemente bassa, quest'anno molte banche centrali dei mercati emergenti hanno già tagliato i tassi d'interesse, ad esempio in India e in Russia. Anche quelle che finora erano rimaste in attesa, come l'Indonesia, hanno cambiato tono e alludono a possibili allentamenti monetari. 
In un contesto mondiale in cui i tassi di circa un quarto degli indici obbligazionari globali Bloomberg sono in territorio negativo, il debito emergente in valuta locale è in posizione ideale per beneficiare della sete di rendimenti degli investitori, in quanto rappresenta una fonte di carry molto appetibile. 

I titoli di Stato dei mercati emergenti registrano la miglior performance mensile degli ultimi 3 anni

Fonte: SYZ AM, Bloomberg. Dati al: 30 giugno 2019

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Rafforzamento del peso argentino rispetto al dollaro a giugno

Fonte: SYZ AM, Bloomberg. Dati al: 30 giugno 2019

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Argentina: il peso ha iniziato a risalire la china?

Malgrado le pressioni di cui risente da inizio anno, a giugno il peso argentino ha messo a segno la miglior performance tra le valute dei mercati emergenti, guadagnando il 5,4% contro il dollaro statunitense.
Da un lato la moneta argentina ha beneficiato del sentiment positivo nei confronti delle valute a rendimento elevato dopo l'inversione di tendenza della Fed, mentre dall'altro è stata sostenuta da fattori interni.
In ambito politico, il presidente Macri ha infatti annunciato la candidatura del leader dell'opposizione, il Senatore Pichetto, al posto di vicepresidente alle elezioni politiche di ottobre. Questa scelta amplia la base di voti di Macri e fa salire le sue probabilità di essere rieletto. Per quanto concerne l'economia, il tasso d'inflazione ha iniziato a scendere, il che gioca altresì a favore di Macri. Inoltre, a fine aprile la banca centrale ha annunciato l'intenzione di intensificare gli interventi sul mercato dei cambi per arginare il deprezzamento della valuta nazionale.
Ciononostante, a parte la propensione al rischio generale a livello globale per le valute emergenti, il rialzo del peso argentino potrebbe rivelarsi di breve durata dato che è tutt'altro che sicuro che Macri verrà rieletto e l'inflazione resta comunque molto elevata.

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Cambi: la correzione del dollaro statunitense

Il definitivo abbandono della politica di normalizzazione monetaria della Federal Reserve statunitense è stato ulteriormente confermato dall'ultima riunione del FOMC di giugno. L'escalation delle ostilità commerciali potrebbe rappresentare un fattore importante nel passaggio a un regime più accomodante malgrado la crescita superiore al tendenziale. 
La modifica dell'orientamento di politica monetaria degli Stati Uniti sta però spingendo i tassi d'interesse americani su nuovi minimi (i rendimenti dei Treasury a 2 e 10 anni sono scesi rispettivamente all'1,8% e al 2,0%) e contribuisce alla correzione del biglietto verde. 
In questo contesto, dopo un rialzo durato quattro mesi consecutivi, l'indice del dollaro ha perso l'1,7% a giugno, riportandosi sui livelli della fine dell'anno scorso. Rispetto all'euro, a giugno il dollaro statunitense ha perso l'1,8%. L'euro si è dimostrato più forte anche se la Banca centrale europea ha continuato a errare per prudenza.
Per finire, anche se alcuni fattori strutturali presuppongono un'evoluzione opposta (cioè un arretramento del dollaro), l'assenza di alternative mantiene forte il dollaro rispetto alle altre valute dei paesi sviluppati… 

Evoluzione dell'indice del dollaro statunitense

Fonte: SYZ AM, Bloomberg. Dati al: 3 luglio 2019

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Il dollaro debole sostiene l'attrattiva dell'oro

Fonte: SYZ AM, Bloomberg. Dati al: 3 luglio 2019

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Materie prime: quotazioni dell'oro ai massimi degli ultimi cinque anni

Il prezzo dell'oro ha ripreso a salire dal quarto trimestre dell'anno scorso. A fine giugno, le quotazioni aurifere hanno toccato 1.409 dollari l'oncia, rispettivamente in rialzo dell'8,0% e dell'11,2% da inizio mese e da inizio anno.
Nei paesi sviluppati le politiche espansive delle banche centrali hanno spinto i tassi d'interesse su livelli bassissimi (particolarmente i tassi reali statunitensi, che hanno quasi toccato lo 0%) e i mercati anticipano quest'anno tre tagli dei tassi d'interesse negli Stati Uniti. Un altro fattore determinante per il prezzo dell'oro è il lieve indebolimento del dollaro a giugno, il cui indice ha lasciato sul terreno l'1,7%. La combinazione di questi fattori ha fatto del metallo giallo un'alternativa più appetibile. 
Inoltre, le tensioni geopolitiche unite alle incognite sulla guerra commerciale hanno ricordato agli investitori i pregi dell'oro come strumento di copertura e diversificazione del portafoglio. 
Gli investitori hanno ritrovato fiducia nel metallo giallo grazie alle sue caratteristiche di bene rifugio tradizionale mentre, allo stesso tempo, si sono allontanate due delle maggiori minacce per l'oro, cioè i tassi d'interesse più alti e un dollaro forte.

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Verso l'infinito e (molto) in basso

Dopo le dichiarazioni di tono espansivo rilasciate dalla Fed a margine della riunione di fine maggio, nel corso del simposio annuale della BCE a Sintra Mario Draghi ha aperto la porta a nuovi tagli dei tassi in territorio sempre più negativo e ha ribadito che esiste "notevole spazio di manovra" per il programma di acquisto di obbligazioni della banca centrale. Queste dichiarazioni, rilasciate in un contesto di dati economici ancora deludenti e aspettative d'inflazione in calo, hanno innescato un forte rialzo delle obbligazioni.  Il mese scorso i tassi a 10 anni della Germania hanno toccato un nuovo record (negativo). Tuttavia, non sono solo i rendimenti delle obbligazioni tedesche o giapponesi ad essere negativi, infatti ora sono passati in territorio negativo anche i tassi del decennale francese e dei titoli a 5 anni di Spagna e Portogallo. La disperata caccia ai rendimenti sta spingendo anche le obbligazioni societarie a breve scadenza sotto lo 0%. Di conseguenza, il valore di mercato complessivo delle emissioni di debito con rendimento negativo è salito da meno di 6.000 miliardi di dollari nove mesi fa al nuovo record di 13.000 miliardi il mese scorso: la famiglia Medici si starà certamente rivoltando nella tomba.

L'indice Bloomberg Barclays Global Agg Negative Yielding Debt ha segnato un nuovo massimo

Fonte: SYZ AM, Bloomberg. Dati al: 1 luglio 2019

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Le iniezioni di liquidità non sostengono allo stesso modo tutto il mercato azionario

Fonte: SYZ AM, Bloomberg. Dati al: 30 giugno 2019

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Vincitori e perdenti

A giugno, a fronte dell'aspettativa di rendimenti bassi per un periodo ancor più lungo, la prospettiva di nuove iniezioni di liquidità ha fatto salire i prezzi di tutti gli attivi. I mercati azionari non sono rimasti immuni e – ancora una volta – hanno beneficiato della repressione finanziaria malgrado i deboli dati economici e le incertezze sui dazi doganali. Un esame dettagliato delle performance dell'ultimo mese evidenzia che il settore tecnologico statunitense è stato, ancora una volta, uno dei principali beneficiari del contesto di tassi in ribasso e bassa crescita nominale; infatti a giugno il Nasdaq ha guadagnato il 7,4%, sovraperformando l'indice MSCI World in valuta locale (+5,8%). Dal lato opposto dello spettro, ancora una volta le banche europee hanno messo a segno un modesto progresso dell'1,6% soltanto. Possiamo quindi concludere che non tutti i segmenti o gli stili azionari beneficiano in egual modo delle iniezioni di liquidità.