Asset Allocation Insights

La nostra opinione mensile sull’asset allocation (agosto 2017)

Lunedì, 08/28/2017

Il panorama economico resta favorevole, con un momentum positivo di crescita globale, soprattutto al di fuori degli Stati Uniti, e l’assenza di pressioni inflazionistiche. Questo consente alle banche centrali di mantenere una posizione accomodante.

Lunedì 28/08/2017 - 10:44
Luc Filip Head of Discretionary Portfolio Management
Fabrizio Quirighetti Macroeconomic Strategist
Hartwig Kos
Adrien Pichoud Chief Economist & Senior Portfolio Manager
  • Il panorama economico resta favorevole con una crescita globale positiva e nessuna pressione inflazionistica.
  • La difficoltà a trovare catalizzatori negativi sul breve termine per i mercati è la nostra maggiore preoccupazione.
  • Abbiamo mantenuto lievemente positiva (+) la posizione globale sul rischio nei nostri portafogli multi-asset, conservando inoltre un basso rischio di duration (--).
La posizione positiva o negativa sul sentiment del rischio globale e sulle principali classi di attivi è valutata assegnando un rating compreso tra 1 e 6, da (+++) a (---).
Griglia di allocazione

Godiamoci la quiete estiva

Il panorama economico resta favorevole, con un momentum positivo di crescita globale, soprattutto al di fuori degli Stati Uniti, e l’assenza di pressioni inflazionistiche. Questo consente alle banche centrali di mantenere una posizione accomodante. In altre parole, continua a prevalere un contesto in bilico tra espansione e recessione. La tendenza al rialzo sui mercati non dà segni di cedimento (eccetto ovviamente per il dollaro). Le classi di attivi nell’intero spettro sono ancora piuttosto care ed evidenziano una volatilità storicamente bassa. Questo scenario è sostenuto da politiche monetarie straordinariamente accomodanti. Dopo l’impennata di fine giugno / inizio luglio, sono rapidamente diminuite le pressioni rialziste sui tassi, con la Fed e la BCE che non avevano alcuna fretta di adottare una posizione maggiormente aggressiva. Di conseguenza, gli attivi dei mercati emergenti hanno continuato a conseguire solide performance poiché beneficiano, in misura persino maggiore rispetto alle economie sviluppate, di un dollaro debole, tassi ridotti e un momentum positivo di crescita; in breve, una situazione perfetta. Inoltre, offrono valutazioni relativamente interessanti rispetto agli attivi dei mercati sviluppati. La situazione resta più o meno invariata, ma sorge spontanea una domanda: i responsabili dell’asset allocation dovrebbero prendersi il disturbo di intervenire nell’attuale contesto?

Tuttavia, è proprio la serenità che regna sui mercati a destare preoccupazione: più a lungo dura e più questi ultimi diventano fragili. Anche se la nostra prossima mossa di rilievo sarà senza dubbio quella di ridurre il rischio, facciamo fatica a trovare un catalizzatore negativo sul breve termine. Questo catalizzatore potrebbe giungere a fine agosto dal Simposio di politica economica di Jackson Hole, poiché il tentativo di normalizzazione delle politiche monetarie da parte delle banche centrali resta la principale minaccia imminente. Infatti, le valutazioni complessive elevate degli attivi, soprattutto nel reddito fisso, sono ascrivibili alle attuali politiche monetarie estremamente lassiste. Per quanto sul fronte azionario le nostre preferenze geografiche siano rimaste invariate, abbiamo lievemente modificato alcune di quelle nell’universo obbligazionario. Per finalità di valutazione, abbiamo ridotto da “lieve preferenza” a “lieve avversione” il debito dei mercati emergenti in valuta forte. Abbiamo portato a “lieve avversione” le obbligazioni indicizzate all’inflazione, poiché sono migliorati i rendimenti reali. Inoltre, dovrebbero garantire una maggiore tenuta in un contesto segnato da tassi in aumento, soprattutto qualora dovesse diminuire il compiacimento per la bassa inflazione. Dato che “guardando puoi osservare molte cose” (Yogi Berra), la posizione molto accomodante assunta dalle banche centrali nei mercati sviluppati potrebbe essere rimessa in discussione se l’inflazione sorprende, anche solo temporaneamente, al rialzo.

Infatti, esaminando i recenti sviluppi di mercato, sembra che i dati economici correlati a prezzi e salari presentino ora un impatto di gran lunga maggiore sui mercati rispetto a quelli associati meramente o esclusivamente alla crescita (reale). In altre parole, poiché a nostro parere è presente al momento un ampio consensus per una crescita costante ma non spettacolare, l’inflazione e le relative conseguenze sulle politiche monetarie sono diventate un tema centrale per i mercati. Nel frattempo, preferiamo conservare i nostri investimenti e sfruttare la ridotta volatilità per acquistare protezioni a basso costo su azioni e tassi.

_Fabrizio Quirighetti

Sintesi del panorama economico

Il prolungato momentum di crescita globale sta sostenendo, in questa stagione estiva, la fiducia delle banche centrali. Un numero crescente di esse nel mondo occidentale sta valutando la possibilità di innalzare i tassi, uno scenario quasi impensabile appena un anno fa. Sulla scia degli aumenti dei tassi da parte della Federal Reserve, Mario Draghi ha continuato ad accennare al tapering del quantitative easing da parte della Banca centrale europea nonostante l’assenza di pressioni inflazionistiche, Mark Carney ha dichiarato apertamente che la Banca d’Inghilterra potrebbe procedere a un innalzamento entro la fine dell’anno e la Banca del Canada ha incrementato i tassi a breve termine di 25 pb. Dietro questa volontà di considerare una normalizzazione delle politiche monetarie vi è l’evidente dissipazione dei rischi deflazionistici. Le banche centrali non intendono lasciarsi sfuggire le opportunità offerte da un contesto macroeconomico favorevole. Tuttavia, dovranno agire con prudenza poiché le loro economie, alla pari dei mercati finanziari, si sono abituate a tassi su livelli molto bassi e a un’abbondante liquidità. Dopo che negli scorsi anni sono aumentati i livelli di debito, nel settore pubblico così come in quello privato, la sensibilità della crescita alle condizioni di finanziamento non è mai stata tanto elevata. In ogni caso, in presenza di uno scenario di crescita positiva, relativamente equilibrata e stabilizzata, le banche centrali si sono riprese il centro della scena nel panorama finanziario.

 

Crescita

Continua a prevalere una crescita economica globale sincronizzata, con l’Europa ancora in ripresa e circondata da un ritrovato ottimismo. Dopo una fase di debolezza, sono persino riemerse in Nord America le dinamiche positive del ciclo economico. Nel 2017, la crescita del PIL globale subirà probabilmente un’accelerazione a circa il 3,5%, dopo due anni di (lieve) rallentamento.

 

Inflazione

L’inflazione (o l’assenza della stessa) rappresenta il rompicapo del momento, dato che non accelera nonostante l’attuale crescita del PIL e tassi di disoccupazione in ribasso. Tuttavia, si sono dissipati i timori di una deflazione e, nel complesso, i prezzi crescono in tutto il mondo, anche se a un ritmo piuttosto lento in gran parte delle economie sviluppate.

 

Posizione della politica monetaria

Le banche centrali delle maggiori economie sviluppate stanno tutte accennando a una normalizzazione della politica monetaria, ma intendono prima esaminare i dati sull’inflazione inferiori alle aspettative, che ritengono essere il frutto di fattori temporanei. In molti Paesi emergenti le banche centrali sono costrette a mantenere una posizione più restrittiva, alla luce di tassi d’inflazione ancora elevati.

Dopo che negli scorsi anni sono aumentati i livelli di debito, la sensibilità della crescita alle condizioni di finanziamento non è mai stata tanto elevata.
Adrien Pichoud Chief Economist & Senior Portfolio Manager
Trend e livello del PMI manifatturiero
PMI
Fonte
Fonte: Factset, Markit, SYZ Asset Management. Dati a: giugno 2017
Trend inflazionistico e deviazione
dall’obiettivo della Banca centrale
Inflazione
Fonte
Fonte: Factset, Markit, SYZ Asset Management. Dati a: giugno 2017

Economie avanzate

La mancanza di correlazione tra attività e inflazione è particolarmente marcata negli Stati Uniti, in cui i dati economici continuano a evidenziare un’espansione, seppur a un ritmo ridotto, senza tuttavia esercitare alcuna pressione al rialzo sugli indici dei prezzi. I sondaggi sulla fiducia (“soft data”) sono di recente migliorati, dando segnali rassicuranti sul momentum del ciclo economico. Tuttavia, l’inflazione di prezzi al consumo e salari continua a rallentare e mette persino in dubbio la convinzione della Fed secondo cui tale debolezza sia provvisoria (come osservato da Janet Yellen dinanzi al Congresso). Finora sembra che la Fed intenda attenersi al programma previsto di graduale normalizzazione della politica monetaria, con un mix di aumenti dei tassi a breve termine e riduzione del bilancio. Ciononostante, l’inflazione getta delle ombre su tali prospettive, soprattutto in mancanza di stimoli fiscali.

Questa situazione è comune a gran parte delle economie sviluppate, in cui la crescita economica è saldamente positiva e spinge le banche centrali a ritirare parte del vasto supporto di politica monetaria concesso negli scorsi anni, nonostante l’inflazione si attesti su livelli chiaramente inferiori al target ufficiale. Le dichiarazioni (presumibilmente non coordinate) rilasciate da Mario Draghi, Mark Carney e dalla Banca del Canada sembrano iscriversi alla perfezione in questo schema. L’accelerazione della crescita in Canada e nell’eurozona e un’attività che finora regge nel Regno Unito nonostante la crescente inflazione, rendono più agevole contemplare l’ipotesi di una normalizzazione della politica monetaria.

La situazione in Giappone e Australia è diversa rispetto alle controparti occidentali. Le rispettive banche centrali continuano a optare per un atteggiamento prudente, senza mai accennare alla possibilità di abbandonare l’attuale posizione nonostante una crescita economica positiva.

 

Economie emergenti

Malgrado la recessione che continua a pesare su Brasile e Sudafrica, Paesi tormentati da un mix di problemi economici e politici, anche la stragrande maggioranza del mondo emergente sta attraversando una fase di crescita. L’economia russa ha recuperato dalla recessione guidata dal petrolio e ripreso a crescere, con un’inflazione tornata entro il target definito dalla banca centrale e in via di stabilizzazione. L’economia cinese evidenzia una crescita costante e in linea con l’obiettivo del governo. L’attenzione prestata di recente alla stabilità finanziaria suggerisce che potrebbero essere in parte revocate alcune misure di supporto, soprattutto nel settore immobiliare. La Turchia beneficia del sostegno fiscale concesso prima del referendum e l’inflazione ha raggiunto probabilmente il suo picco. Nel complesso, in gran parte delle economie emergenti si evidenzia una crescita positiva ma, diversamente da quelle sviluppate, si osserva anche una persistente pressione inflazionistica che costringerà le banche centrali a mantenere una posizione piuttosto restrittiva.

_Adrien Pichoud

 

La Fed sta guidando il processo di normalizzazione e altre banche centrali sono tentate a seguire il suo esempio
La Fed sta guidando il processo di normalizzazione e altre banche centrali sono tentate a seguire il suo esempio
Fonte
Fonte: Bloomberg, SYZ Asset Management. Dati a: giugno 2017

Gruppo di strategie d’investimento: principali conclusioni

Rischio e duration

La nostra valutazione rimane invariata. Abbiamo mantenuto il posizionamento sul rischio a “lieve preferenza” e la posizione sulla duration ad “avversione”. Per quanto all’orizzonte si addensino delle nuvole, vista l’incertezza a livello di politica monetaria, è ancora troppo presto per modificare la nostra propensione al rischio. Inoltre, passare ora a una posizione più negativa in termini di duration risulterebbe prematuro, alla luce delle notevoli oscillazioni dei rendimenti osservate negli scorsi mesi. Per il momento ci godiamo la quiete estiva. Tuttavia, restiamo vigili sul fronte di dati economici, inflazione e sviluppi politici, che potrebbero turbare gli operatori del mercato.

Esiste senza dubbio un nesso tra la solidità dell’euro e l’esito deludente di questa stagione degli utili in Europa.
Hartwig Kos

Mercati azionari

A livello di valutazioni, il quadro resta invariato. Tuttavia, sul versante degli utili si registrano sostanziali miglioramenti nei mercati azionari sviluppati. Nel momento in cui viene redatto questo documento, circa la metà delle aziende statunitensi ed europee ha pubblicato i risultati per il secondo trimestre. I dati si sono rivelati solidi e, soprattutto sul mercato azionario USA, si è assistito a notevoli incrementi sia a livello top-line che bottom-line. Si tratta di uno sviluppo molto positivo, che consente alle valutazioni azionarie statunitensi di ridurre la forte dipendenza da quelle obbligazionarie. Da tempo riteniamo che la convenienza delle azioni sia da attribuire unicamente all’alto costo delle obbligazioni e il recente aumento dei rendimenti obbligazionari statunitensi ha avuto un impatto deleterio sulle valutazioni azionarie USA a livello di premio del rischio azionario. Esaminando più da vicino le pubblicazioni aziendali nei vari settori statunitensi, si notano dati universalmente solidi. Tuttavia, se nel primo trimestre le revisioni di utili e vendite si erano rivelate poco uniformi, nel secondo le revisioni delle vendite sono tornate sugli alti livelli registrati negli scorsi 10 anni, con gli utili che si sono attestati anch’essi sui percentili superiori nel medesimo arco temporale. In Europa i risultati sono stati molto più modesti. Dopo una stagione degli utili particolarmente brillante nel primo trimestre, le revisioni degli utili hanno chiuso sui livelli più bassi dal 2015. Al contrario, le vendite si sono mantenute elevate, nonostante il forte apprezzamento dell’euro negli scorsi mesi. Molteplici sono le possibili ragioni per questa divergenza tra le revisioni delle vendite e quelle degli utili. Per quanto riguarda le vendite, si potrebbe porre l’accento sulla solidità dell’economia interna, mentre sul fronte degli utili si potrebbero addurre le perdite sulle coperture valutarie o gli investimenti effettuati alla luce di un’attività economica più robusta. Tuttavia, esiste senza dubbio un nesso tra la solidità dell’euro e l’esito deludente di questa stagione degli utili in Europa. Quando in futuro procederemo a ulteriori valutazioni delle nostre previsioni per le azioni europee, sarà necessario monitorare molto attentamente questo legame. Al momento, non abbiamo apportato modifiche alle preferenze di Paese.

 

Mercati obbligazionari

Anche sui mercati obbligazionari la situazione è pressoché immutata. I titoli di Stato occidentali restano cari. Tuttavia, dopo le recenti vendite sui mercati obbligazionari, dipese principalmente da una correzione del rendimento reale, i linker su indici sembrano in una certa misura più interessanti. Pertanto, l’intero segmento è stato portato da “avversione” a “lieve avversione”. Il rendimento reale è notevolmente aumentato soprattutto negli Stati Uniti e in Italia, Paesi ai quali abbiamo ora assegnato una “lieve preferenza”. Anche il Canada appare più interessante a livello di margine. Da tempo riteniamo che le obbligazioni delle economie emergenti siano il segmento più allettante nei mercati del reddito fisso. Al suo interno, abbiamo privilegiato l’universo in valuta forte rispetto a quello in valuta locale, in ragione delle favorevoli caratteristiche di rischio. Tuttavia, alla luce della solida performance offerta negli scorsi mesi dalle obbligazioni in valuta forte, anche alcuni dei nostri mercati preferiti, come la Turchia, hanno iniziato a diventare costosi (rispetto alle precedenti valutazioni molto interessanti). Di conseguenza, abbiamo declassato il segmento allineandolo con la nostra posizione sul debito in valuta locale dei mercati emergenti. Tuttavia, lo spread dell’indice EMBI Global rispetto ai Treasury è pari al momento a 322 punti base, con una duration modificata di 6,94 e un rating medio tra BBB e BB. Sul fronte dei corporate USA, il segmento BBB misurato dall’indice Merrill Lynch presenta una duration di 7,2 anni con uno spread di 139 punti base. Per quanto riguarda invece il segmento BB, i corporate USA presentano uno spread di 219 punti base con una duration di 4,5 anni. In Europa, il segmento BBB evidenzia un option adjusted spread di 113 punti base e una duration di 5,3 anni, mentre quello BB si attesta a 209 punti base con una duration di 3,89 anni. Alla luce di questi dati, è evidente che persiste una netta ripresa dei rendimenti per le obbligazioni in valuta forte dei mercati emergenti rispetto ad altri mercati del credito. In un contesto in cui gli spread sono una delle principali fonti di alfa, nell’universo più ampio del reddito fisso il segmento dei mercati emergenti resta uno dei meno peggio. Altrove, il segmento high yield statunitense è stato declassato di un livello ad “avversione”, poiché le rispettive valutazioni sono molto elevate.

In un contesto in cui gli spread del credito sono una delle principali fonti di alfa, nell’universo più ampio del reddito fisso il segmento dei mercati emergenti resta uno dei meno peggio.
Hartwig Kos

Forex, opportunità speciali e liquidità

La nostra valutazione rimane invariata.

_Hartwig Kos